mercoledì 11 marzo 2015

LA MISSIONE “ANTICA BABILONIA - Stefano Carbone racconta: “Ho attraversato un Paese spezzato che non esiste più”

Il Ministero per i Beni e le attività Culturali, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Messina ha aderito all’iniziativa internazionale “Antica Babilonia” che ha come obbiettivo la catalogazione e la divulgazione dell’immenso patrimonio culturale dell’Iraq, culla della civiltà mondiale. Le tristi vicende degli ultimi venti anni, che hanno visto come protagonista la terra di Hammurabi e di Sargon III il Grande, hanno lasciato ferite profonde che difficilmente potranno essere rimarginate. Danni immensi ed incalcolabili ha subito il patrimonio archeologico di quella terra. Dieci anni fa, le forze della Coalizione invasero l’Iraq per rovesciare Saddam Hussein. L’attacco principale cominciò il 20 marzo 2003, anche se le truppe Usa riuscirono ad entrare nella capitale solo tre settimane dopo. Nel caos che seguì, il Museo di Baghdad fu ampiamente saccheggiato, dal 10 al 12 aprile. Questo causò un’ondata di proteste internazionali dal momento che gli americani non erano riusciti a proteggere il museo, uno dei più importanti del Medio Oriente. Grosso modo 16.000 pezzi furono rubati, dei quali circa la metà è stata alla fine recuperata. Secondo John Curtis, curatore del museo, almeno 8.000 oggetti mancano ancora all’appello, per quanto il numero esatto ci sia sconosciuto. Tra i pezzi più importanti ci sono la placca di avorio che ritrae una leonessa e quasi l’intera collezione di sigilli cilindrici. Molto del materiale che si trova ora nei magazzini è in condizioni pessime. Alcuni materiali sono stati gettati fuori dalle teche durante il saccheggio e calpestati. Durante il primo anno di governo della Coalizione, i musei e i siti archeologici dell’Iraq sono stati costantemente sulla stampa, ma da allora la situazione ha avuto una copertura molto più limitata. La sicurezza è rimasta un problema costante, con un’ininterrotta serie di attentati e scontri a fuoco. Questo ha reso molto complicato il lavoro del personale dei musei o dei siti archeologici. I rischi per la sicurezza sono stati anche maggiori per gli stranieri, e questo ha presto significato l’impossibilità per gli specialisti internazionali di visitare il Paese (se non per viaggi assai brevi sotto protezione armata). Molti siti sono stati danneggiati, alcuni sono stati distrutti durante i combattimenti, altri ancora come Ninive si trovano in uno stato di abbandono, circondate da mine anti-uomo. Un tempo questo era uno dei siti archeologici più importanti e visitati del Medio-Oriente, ora è abbandonato alla desolazione, alla mercè dei contrabbandieri di opere d’arte senza scrupoli, che vendono la storia della loro terra per pochi dollari. Bisognava intervenire immediatamente e concretamente per cercare di salvare l’immenso patrimonio archeologico iracheno e non solo, documentare e catalogare il patrimonio archeologico del vicino Iran da qui l’iniziativa, promossa dell’UNESCO di dar vita all’”Operazione Antica Babilonia”, cui ha subito aderito il nostro Paese, in primo luogo la Soprintendenza Archeologica di Messina. Ciò è stato possibile grazie all’appoggio delle forze alleate attualmente stanziate in Iraq che hanno accettato di scortare gli operatori di “Luma Film”, una Società di Produzione di grande esperienza, in grado di realizzare qualsiasi produzione cinetelevisiva, fondata agli inizi degli anni ’60 dal maestro Nino Oliviero, noto musicista autore di colonne sonore di films importanti. Tra gli operatori televisivi e gli archeologi della missione “Antica Babilonia” c’è anche il nostro collaboratore Stefano Carbone, ricercatore presso la Soprintendenza di Messina che ha raccontato la sua esperienza vissuta in prima persona in quella terra martoriata da 20 anni di guerra (gli spezzoni più significativi di questo video-reportage sono visitabili su Youtube e sul sito http://www.lumafilm.it/primopiano/iran-persepolis/ ). “E’ molto difficile raccontare quello che ho visto e vissuto in Iraq durante le tre settimane di viaggio, un Paese bellissimo che lascia senza fiato, una terra incantata, un paesaggio lunare, dove il tempo è stato sconfitto. Quando arrivai nella terra del Tigri e dell’Eufrate, fui preso di un’emozione tale da restare quasi senza sensi, pensare che ero nelle terra dove ha avuto inizio la civiltà. La terra dei grandi re del passato. Fino a pochi anni fa non avrei immaginato lontanamente che avrei vissuto un’esperienza simile...proprio io che credevo che niente e nessuno mi avrebbe stupito più di tanto…intanto proseguivamo verso Nord-Est, scortati dai soldati italiani, ad un tratto la meraviglia delle meraviglie… ecco che si presentava dinnanzi ai nostri occhi la città di Ninive, dove dimorò il grande re Assurbanipal. Le sue mura possenti, le sue grandi torri, la grande ziggurat sembrava che ci stessero aspettando dandoci il benvenuto; ad un tratto la meraviglia per tanta bellezza lascò il posto allo sgomento, fummo presi da uno stato d’angoscia indescrivibile nel vedere le ferite che i feroci combattimenti avevano lasciato. La domanda che tutti ci ponevamo in un silenzio surreale era chi ha osato tanto? Chi ho osato profanare tale bellezza? Quale uomo può mostrare così tanto disprezzo verso ciò che è bello? La grande Porta del Cielo (l’ingresso alla città sacra degli antichi Assiri), attraverso la quale era solito passare il re Assurbanipal in processione era stata ferita a morte, sfregiata per sempre, ma è ancora li, dopo 3000 anni la porta sacra resite anche alla ferocia dell’uomo moderno, alla violenza di una guerra combattuta in nome del dio denaro. Questa era la nostra prima tappa, qui dovevamo girare le prime riprese, io dovevo commentare le immagini. Avevo preparato molti giorni prima ciò che avrei dovuto dire nel documentario, mi ero studiato per bene ogni singolo edificio, ogni singola struttura, mi sentivo preparato e pronto… ma non potevo immaginare lo spettacolo che si sarebbe presentato davanti ai miei occhi. Così decisi di mettere da parte il testo che avevo preparato e con un nodo alla gola incominciammo le riprese; a quel punto capii le vere motivazioni perché eravamo lì: decidemmo che non dovevamo girare il solito documentario per turisti…la nostra doveva essere una denuncia di un crimine gravissimo commesso contro l’Umanità intera da gente senza scrupoli, senza moralità…senza cuore. Ma non potevo immaginare che la mia più grande delusione mi aspettava al rientro in Italia: il nostro lavoro in Iraq, fatto con il cuore, non è piaciuto, è stato snaturato. Ci dovevamo limitare a descrivere le bellezze e nascondere le brutture della guerra, dovevamo convincere la gente che tutto sta tornando alla normalità in Iraq…La verità è un’altra, ho attraversato un paese piegato, spezzato, un paese che non esiste più, un popolo al quale è stata tolta la dignità, privato dalle sue gloriose origini. Ma la mia ansia cresceva di ora in ora perché ci accingevamo a lasciare l’Iraq per entrare in Iran, terra ostile a noi occidentali, un popolo con il cuore gonfio di odio verso tutti coloro che portano la Croce. L’intera missione era spaventata, nonostante le rassicurazioni che erano state fatte ai responsabili dal Governo Iraniano. Sapevamo che lì potavamo anche morire. Giunti al chek-point fummo presi un consegna dai soldati iraniani. Ero giunto nella terra del glorioso impero persiano la terra di Dario il Grande, la terra che fece innamorare persino Alessandro Magno. La destinazione era Persepoli, la città più bella in assoluto di tutto il Medio Oriente. Durante il viaggio rimasi sbalordito, mi resi conto che la mia paura iniziale era assolutamente infondata, ero incredulo, perché la gente del posto ci accoglieva con un sorriso e anche con curiosità, l’unica richiesta che mi sembrò strana fu quando uno degli ufficiali iraniani ci raccomandò di non indossare pantaloncini corti, magliette con scritte in inglese, occhiali troppo scuri, mentre alle donne raccomandarono di non mostrare scollature troppo vistose. Finalmente giungemmo a Persepoli...a stento riesco a trasmettere l’emozione che provai nel contemplare tanta meraviglia. Quali sapienti mani erano state capaci creare tanta bellezza? Ero davanti alla porta principale che dava l’accesso alla città, ero al cospetto di due grandi sfingi alate che dovevano incutere sacro timore a chiunque si accingesse a passare. La mia domanda è se questi due millenari guardiani riusciranno ad assolvere il loro antico compito ancora per molto o saranno sopraffatti dalla follia, figlia del fanatismo. A distanza di 7 mesi ancora mi torna alla mente la donna di una certa età che a Teheran mi raccontava della vita prima della Rivoluzione. Da giovane ha viaggiato in Europa e vissuto a Londra, a Roma. Ora non le sarebbe possibile uscire così facilmente dal suo paese per le difficoltà di rilascio del visto e per il basso valore della moneta locale. Dice di essere mussulmana, ma il suo Dio lo prega tra le mura domestiche, perché la vita nelle moschee è solo falsità; il suo paese è stato rovinato da questa religione che soffoca la politica, lei non lo ama più. Ma riconosce che l’Iran è bello e ci augura di godere delle sue bellezze.

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