lunedì 9 marzo 2015

I TESORI DELL'ARTE NELLE MANI DELLA MAFIA



In Svizzera c'erano cinque depositi pieni di reperti archeologici di grandissimo valore. Ma il vero patrimonio ritrovato dagli inquirenti è l'archivio segreto dei trafficanti. Migliaia di foto e documenti che riportano provenienza, valore, destinazione e acquirenti di capolavori scomparsi da anni. Il dossier, cercato a lungo dai carabinieri del Nucleo tutela del patrimonio e dall'FBI, permette di ricostruire decenni di razzie. E il primo risultato è stato chiarire la provenienza della "Bella Addormentata", splendido sarcofago romano recuperato negli Stati Uniti. Tutto questo all'ombra di Matteo Messina Denaro, l'ultimo boss di Cosa Nostra ancora latitante. C'era un tesoro di valore inestimabile nascosto in Svizzera, rientrato in Italia. Lo avevano scovato, nel 2001, i Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale (Tpc) dopo anni di indagini, seguendo le labili tracce che partivano dalla Sicilia nord occidentale, da Castelvetrano, comune in provincia di Trapani. Territorio dove si trova il parco archeologico più grande d'Europa, Selinunte, e non lontano, verso Mazara del Vallo, il tratto di mare più ricco di relitti e opere d'arte inabissate. Lì è passata la storia, a bordo di navi cariche di bottini di guerra strappati dai romani alla distrutta Cartagine, o di tesori depredati dai barbari con la caduta dell'Impero romano. In questo scenario si muovono conoscitori, amanti dell'arte e tombaroli, invischiati nel traffico di reperti archeologici, armi e droga. Un intreccio di interessi che vale miliardi di euro: quello dell'arte è il quarto mercato più redditizio del crimine internazionale. A volte sostituisce persino la classica bustarella come tangente per accaparrarsi appalti e lavori. Un filo invisibile si dipana in quest'area della Sicilia, una linea sottile che sembrerebbe unire il super latitante Matteo Messina Denaro a Giuseppe Fontana (oggi detenuto), a insospettabili antiquari, uomini d'affari, alcuni curatori dei maggiori musei d'arte del mondo. Fra questi spunta, sulla base di un'indagine in corso da parte dei carabinieri, anche il nome di Gianfranco Becchina, noto mercante d'arte di Castelvetrano e oggi proprietario di due cementifici e dell'etichetta "Olio Verde", con cui commercializza l'extra vergine che produce nelle sue campagne. Considerato dalle forze dell'ordine un personaggio importante nel traffico di opere d'arte, mai condannato perché - come spiega il maggiore dei carabinieri Antonio Coppola - "il suo reato è finito in prescrizione – Ora Becchini è in carcere. A Becchina sono stati confiscati, dopo una lunga querelle con la Svizzera, i cinque magazzini stracolmi di opere d'arte. Veri e propri scrigni dove erano custoditi 5mila reperti archeologici, tesori dal valore inestimabile. Molti, sempre secondo i carabinieri Tpc, "provenivano da scavi clandestini (Puglia, Calabria, Sicilia) e adesso potranno finalmente rientrare in Italia". Questo patrimonio unico poteva contare, come quartier generale, sulla Galleria Palladio Antique Kunst di Basilea, il cui proprietario era proprio Gianfranco Becchina. Ma c'è di più: nei cinque magazzini è stato trovato un gigantesco archivio, quello che l'FBI chiamava il "Becchina dossier", di cui i carabinieri sono finalmente entrati in possesso. Chi è Gianfranco Becchina? Lui si definisce così: "Un mecenate, un collezionista, estraneo a ogni tipo di vendita illegale di oggetti d'arte. Prima, su di me, indagò Paolo Borsellino, dopo la sua uccisione, il procuratore Gian Carlo Caselli, fu un'indagine sprecata, soldi dello Stato gettati al vento, ho smesso di essere un mercante d'arte dal 1994, e nel 1996 mi sono anche cancellato dal registro dei commercianti". Conosciuto da tutti a Castelvetrano, Becchina è proprietario di diversi edifici di grande interesse storico e artistico, come il Palazzo ducale dei principi Pigantelli Aragona Cortes Tagliavia. Situato nel cuore del centro storico di Castelvetrano, il palazzo era in realtà l'antico castello "Bellumvider" realizzato nel 1239 per accogliere Federico II. Becchina è pure in possesso di un bellissimo feudo dove oggi vive, a suo tempo appannaggio, anche questo, dei principi Pignatelli Cortes. Un parco di 25 ettari non lontano dai templi greci dell'area archeologica di Selinunte, con tremila ulivi dai quali produce il suo olio. "Non è un olio qualsiasi - spiega l'archeologo Tsao Cevoli, presidente dell'Osservatorio internazionale archeomafie e direttore del master in Archeologia Giudiziaria e Crimini contro il Patrimonio Culturale - Con il suo olio hanno condito l'insalata Clinton e Bush, perché è accreditato nientedimeno che come fornitore della Casa Bianca. Inoltre ha due grosse aziende produttrici di cemento: la Heracles in Grecia e la Atlas srl in Sicilia".


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Massimo Valerio Rogers

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