venerdì 6 marzo 2015

Le scoperte degli ultimi anni confermano: RISALGONO AL 1 400 AVANTI CRISTO LE PRIME TRACCE D’INSEDIAMENTO A SAN SOSTI.

Fino a poco tempo fa si faceva risalire la fondazione di San Sosti al XVI secolo dopo Cristo ad opera degli Albanesi in fuga dalla persecuzione turca. Questa però era la tesi di semplici appassionati di storia locali non correlata da alcun dato scientifico. Anche per quanto riguarda il nome, in passato sono state avanzate ipotesi assolutamente fantasiose: si faceva risalire l’origine a “Santa Sosta”, cioè, riferito al fatto che era luogo di sosta per i pellegrini che si recavano al Pettoruto.
Ma già a partire dagli ultimi anni Novanta, queste favolette al quanto fantasiose, incominciano ad essere smentite da una ricerca seria, condotta con metodo scientifico. I primi dati furono acquisiti durante i lavori di restauro della chiesa madre di Santa Caterina di Alessandria. Durante il fermo dei lavori deciso dalla Sovrintendenza per i beni Architettonici della Calabria fu condotto un saggio di verifica nella zona presbiteriale della navata destra. In quella occasione furono riportati alla luce i resti di strutture murarie che facevano parte della prima chiesa di età bizantina. Dalla ricerca stratigrafica sono stati recuperati frammenti di ceramica invetriata databili tra il X e l’XI secolo; ma l’elemento datante più importante è un follis (moneta in bronzo) dell’Imperatore d’Oriente Leone III Isauro, risalente al 717/720, conservato presso il Museo Nazionale della Sibaritide.
Ma furono gli scavi archeologici all’interno della chiesa del Carmine che spostarono la datazione di almeno 2 500 anni.
Lo scavo, iniziato i primi di Febbraio e terminati i primi di Aprile 2004, condotto dalla Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Calabria in collaborazione con la Cattedra di Archeologia Cristiana e Medievale dell’Unical, ha restituito le prime tracce di frequentazione umana dell’area dove attualmente sorge il centro abitato, risalenti al XIV-XIII sec. a.C., consistenti in una porzione del battuto di una capanna protostorica e diversi frammenti di vasi acromi e dipinti risalenti a quel periodo. In base a questi ritrovamenti si può affermare con certezza che il primo nucleo abitato di San Sosti risale almeno al XIV secolo prima di Cristo. Lo scavo eseguito nell’area presbiteriale ha restituito una sequenza stratigrafica ininterrotta (sia pure disturbata da rimaneggiamenti avvenuti nel corso dei secoli), dall’età protostorica al tardo-Medioevo. Ad una quota di livello superiore rispetto alla capanna dell’età del Bronzo è stato riportato alla luce parte di un muro a secco, ciò che rimane di un santuario greco risalente alla fine del VI sec. a.C.
A livello di fondazione del muro sono state rinvenute tre fosse votive, di cui solo una ancora sigillata al momento del rinvenimento e non disturbata, colma di oggetti votivi miniaturistici. Era usanza presso i greci e i romani scavare delle buche nei santuari e riempirli con gli ex-voto offerti dai fedeli. Da una di queste fosse proviene la testina in terracotta raffigurante la dea Atena, risalente al V sec. a.C., numerosi frammenti di statuette di divinità femminili stanti o in trono e un cospicuo frammento di scultura maschile. Particolarmente interessante è la porzione di statuetta maschile, nuda e stante. Si tratta di ciò che rimane di una piccola scultura di un kouros, cioè un giovane atleta in atteggiamento auto-celebrativo, simbolo della vittoria ai Giochi Olimpici; questo rinvenimento potrebbe costituire un ulteriore indizio per l’individuazione del luogo del rinvenimento della scure martello conservata presso il British Museum di Londra.
Sono piuttosto frequenti i rinvenimenti archeologici sia nel centro storico, sia nelle periferie: in via Piano della Fiera, durante i lavori per la realizzazione del metanodotto sono stati rinvenuti due contesti di età romana imperiale; nel primo caso (di fronte la croce del cimitero) si tratta di una grande struttura rettangolare, di età tardo-romana; nel secondo caso (stazione Carabinieri), si tratta di una struttura di età romana, risalente al I-II sec. d.C.
In via Cavour (non molto lontano dalla chiesa del Carmine), durante i lavori di restauro e consolidamento strutturale (abitazione del Sig. Vito Romolo), sono ritornati alla luce centinaia di frammenti ceramici e porzioni di strutture murarie di età romana. Tra i numerosi reperti, una moneta in bronzo (sesterzio) dell’imperatore Vitellio (69. d.C.) e una porzione di bottiglietta porta-profumo databile tra il IV e il III sec. a.C.
I reperti sono attualmente conservati presso il Museo Nazionale della Sibaritide.
Anche in via Prato (u Suppuartu) è stato riportato alla luce un importante contesto archeologico inspiegabilmente distrutto in corso d’opera: un tratto di basolato di età romana e molti reperti archeologici, raccolti dallo sterro e consegnati alla Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Calabria. Tra questi si segnala una cospicua porzione di Anfora del tipo Dressel L1 (III-II sec. a.C.), frammenti di ceramica a “pasta grigia” di tipo metapontino (III-II sec. a.C.), un cospicuo frammento di coppa in sigillata chiara (I-II sec. d.C.).
La collina dove attualmente sorge il centro abitato di San Sosti presenta, dunque, una continuità insediativa ininterrotta dall’età del Bronzo medio (XV-XIV sec. a.C.) fino ai giorni nostri.


A. Martucci

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